Leggermente in ritardo, arrivo con la recensione del romanzo Come fermare il tempo, di Matt Haig, di cui avevo pubblicato un estratto qualche settimana fa. Giunta alla fine, posso confermare l’impressione che avevo avuto durante lettura: nonostante avessi beccato qualche recensione negativa, il libro mi stava prendendo molto, e infatti ho letto la seconda metà in men che non si dica, restandone soddisfatta.
La trama
Il nostro uomo è Tom Hazard, nato nel 1581 e affetto da una disfunzione chiamata anageria, che lo fa invecchiare molto più lentamente rispetto agli altri esseri umani. Per questo motivo, nel presente del XXI secolo da cui ci parla, ha ancora l’aspetto di un quarantenne. È felice? Assolutamente no. Questa condizione gli ha provocato fin troppi guai nel periodo della caccia alle streghe, ha causato l’isolamento della sua famiglia, gli ha sottratto il suo unico grande amore Rose e lo ha costretto a un’esistenza di solitudine. La sua vita ricomincia da capo ogni 8 anni, quando cambia identità, luogo di residenza e lavoro secondo le regole dettate dall’Albatros Society, un gruppo segreto creato allo scopo di proteggere le persone come Tom. L’unica ragione per la quale Tom continua a vivere è ritrovare la figlia Marion, scappata di casa dopo aver scoperto di essere come il padre.
Con capitoli che alternano passato e presente, questo romanzo esplora il senso della storia, del trascorrere del tempo e dei ricordi, cercando di capire al contempo ciò che è davvero importante nella vita.
Importanza dei ricordi e della storia

Tom è letteralmente invaso dai ricordi, che dopo 400 anni hanno raggiunto un numero consistente e che gli causano violenti mal di testa. Un nome, un luogo, un libro scatenano flashback che riportano il protagonista in compagnia di Rose, nella sua vecchia casa o al fianco di personaggi che hanno fatto la storia, come Shakespeare, Cook, Fitzgerald, Chaplin e tanti altri. Ognuno di loro contribuirà a sviluppare il pensiero filosofico di Tom ed è interessante il fatto che lui li incontri quando stavano certamente acquisendo una certa fama, ma ancora non erano le icone che rappresentano per noi oggi. A ricordarci che solo il trascorrere del tempo permette di valutare persone ed eventi in una diversa prospettiva.
Tom, infatti, non ha deciso a caso di lavorare come professore di storia di un liceo, in questa sua nuova vita. Carico del suo bagaglio di esperienze, è colui che meglio può sottolineare quanto presente e passato siano correlati e ricordare a tutti che il più grande pericolo che ci minaccia è dimenticare: stiamo già dimenticando e ripetendo gli stessi errori, esiste il rischio concreto di tornare agli anni della caccia alle streghe, dello sfruttamento di altri popoli, del fascismo. La sua classe, però, è un po’ svogliata e per quanto Tom ci provi le sue lezioni sembrano galleggiare sospese nell’aula. Nel disinteresse generale, però, le parole di Tom si insinuano nella mente di un ragazzo, che trova qualcosa a cui appassionarsi ed evita di prendere brutte strade. Per Tom, che in pratica vive in completo isolamento, nel perenne timore che la sua presenza possa danneggiare i suoi affetti, scoprire di aver avuto un’influenza positiva su un altro individuo è quasi liberatorio. Fare del bene è appagante. Non c’è bisogno di compiere imprese eclatanti, anche il più piccolo gesto può migliorare, se non il corso della vita, le giornate di chi ci sta accanto.
La vita perfetta
Sull’idea di che cosa renda una vita perfetta, Tom e Hendrich hanno visioni completamente opposte. Hendrich è il fondatore dell’Albatros Society ed è convinto che gli alba (il cui nome deriva dall’abbreviazione di “albatros“, animale che un tempo era ritenuto estremamente longevo) sono una specie superiore al resto dell’umanità, i cui componenti vengono definiti effimere. Grazie ai fondi della società gli alba possono beneficiare di una vita ricca di agi, vivere in ville meravigliosi, nei luoghi più belli del pianeta, e coltivare le proprie passioni. A chi non dispiacerebbe avere il tempo necessario per viaggiare in lungo e in largo, imparare le lingue di tutti i Paesi del mondo o suonare 20 strumenti diversi? Personalmente, ritengo che tutto ciò perda di senso se non hai modo di condividere queste attività con qualcuno, non importa se parenti, amici o conoscenti. Hendrich invece è terrorizzato dalla possibilità di essere scoperto, di diventare oggetto di esperimenti, e si arrocca in questa fortezza che ormai ha assunto le sembianze di una gabbia dorata. E, manipolandoli, vi rinchiude anche tutti gli altri convincendoli che così avranno la libertà che vanno da sempre cercando. Un’immagine che cozza terribilmente con quella dell’albatros, uno degli animali che io associo alla massima espressione di libertà.

Ad aprire gli occhi di Tom sarà Omai, l’unico con cui abbia mai stretto una sincera amicizia. Insieme a Rose (ritratta come una giovane fanciulla piena di determinazione nell’affrontare la vita), Omai è il personaggio che più mi è rimasto nel cuore, e mi spiace solo che faccia la sua comparsa solo verso la conclusione del romanzo.
Tra passato, presente e futuro
L’insegnamento finale che ci regala Matt Haig è di vivere con passione ed entusiasmo il presente: il passato fa intrinsecamente parte di noi, ma non dobbiamo lasciarci soggiogare dagli eventi vissuti, così come non possiamo preoccuparci eternamente per il futuro. Il problema di Tom era che proiettava nel futuro le stesse preoccupazioni del passato, rifiutava di agire e prendere decisioni definitive per paura dei cambiamenti che ne sarebbero derivati, non rendendosi conto che in questo modo spariva ogni possibilità di essere felici nel presente. Il consiglio non è ovviamente quello di vivere allo sbaraglio, senza valutare le conseguenze delle nostre azioni. È un invito ad abbandonare l’ansia, sempre consapevoli che i problemi non mancheranno mai di esistere e le difficoltà si susseguiranno l’una all’altra, ma concedendoci la possibilità apprezzare quanto di bello la vita ci regala.
Mi piace davvero molto questo autore. Avevo letto parecchi suoi libri prima di incontrarlo a Torino al Salone del Libro.
Averlo ascoltato raccontare la sua storia mi ha permesso di comprenderlo ancora meglio.
Un incontro davvero interessante.
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Per me è stato il primo approccio a questo autore, e ha sicuramente colpito nel segno. È sempre interessante ascoltare gli autori parlare in prima persona, soprattutto se si ha modo di incontrarli. Andrò a cercare sul Web se c’è qualche intervista o qualcosa di relativo proprio al suo intervento a Torino ☺
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Si, a me piace molto poterlo fare.
Mi prendo ferie nel periodo del salone e vi sto per tutti e 4 i giorni
Salto solo il lunedì perché non ci sono più autori interessanti e di solito alle 14,00 iniziano a sbaraccare.
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