Alzi la mano chi conosce già la storia raccontata in questo libro. E ora la alzi chi lo ha effettivamente letto.
Con alcuni romanzi succede così: le vicende narrate sono così radicate nella nostra cultura popolare che bene o male tutti sanno di cosa stiamo parlando, eppure in pochi decidono di compiere il salto e avventurarsi tra le pagine da cui tutto è partito.
I miei primi contatti con l’opera risalgono a quando ero piccola, con la visione del film d’animazione Titti turista tuttofare (2000), il cui protagonista è proprio il simpatico canarino, e successivamente della trasposizione Disney Il giro del mondo in 80 giorni (2004), con protagonista Jackie Chan nei panni di Passepartout. Entrambe le versioni si allontanano molto dall’idea originale, ma mi hanno fatto appassionare a questa avventura e da allora ho sempre desiderato scoprirne di più.
Il romanzo, piuttosto breve, si legge in pochissimo tempo. Lo stile è diretto, semplice e scorrevole, adatto a una trama sempre in movimento. Tra i tre romanzi di Verne finora letti (insieme a Ventimila leghe sotto i mari e Viaggio al centro della terra) è quello che ho apprezzato di più. L’idea che funge da filo conduttore è geniale: una scommessa che prevede di compiere il giro del mondo in 80 giorni esatti, seguendo le indicazioni fornite da un giornale che si è preso la briga di calcolare la tempistica sulla base dei mezzi di trasporto disponibili, principalmente treni e piroscafi. Siamo proprio nel periodo della innovazioni tecnologiche del XIX, che aprivano nuovi orizzonti inesplorati e che sono alla base dell’ispirazione dei romanzi dell’autore francese.

I protagonisti sono veri e propri personaggi, ognuno con un suo significato.
L’inglese Phileas Fogg, colui che accetta la scommessa, impersonifica il mondo anglosassone e attraverso di lui Verne mette in scena una satira dello stesso: vengono enfatizzate alcune caratteristiche come il non farsi turbare dagli imprevisti (il classico aplomb inglese), il non voler sprecare energie inutili, l’essere sempre puntuale, la passione per le scommesse, la convinzione di poter controllare appieno il mondo che lo circonda. Il tutto inserito nella concezione imperialista di un Regno Unito che aveva potere su gran parte dei Paesi attraversati nel corso del viaggio.
A fargli da controparte è il neoassunto domestico Passepartout, che si ritrova inaspettatamente catapultato in un viaggio frenetico quando pensava di passare il resto dei suoi anni al servizio di un uomo famoso per la sua sedentarietà e una routine consolidata al minuto. Lui rappresenta la patria dell’autore, la follia e la voglia di vivere francese: dopo le perplessità iniziali si appassiona al viaggio e approfitta delle brevi soste lungo il percorso per scoprire il più possibile dei luoghi visitati; ma soprattutto si appassiona alla scommessa del padrone, di cui ne sposa la causa.
Infine c’è Fix, un agente di polizia inglese convinto che Fogg sia il ricercato che ha svaligiato la Banca d’Inghilterra pochi giorni prima della partenza. Suo malgrado, anche lui finisce per compiere il giro del mondo mettendosi sulle sue tracce di Fogg nel tentativo di catturarlo.
Ovviamente nulla va come previsto: inizialmente i noi “eroi” conquistano addirittura un vantaggio sulla tabella di marcia, presto perso per operare un rocambolesco salvataggio di una fanciulla indiana (condannata a bruciare sulla pira insieme al marito morto). Dopodiché Fix riesce a mettere loro i bastoni fra le ruote e da lì in poi è un continuo affanno per arrivare in tempo all’orario di partenza del prossimo mezzo e a cercare soluzioni alternative in caso di ritardo o se sorgono imprevisti lungo il percorso.

Di tutti i posti visitati si vede poco o nulla, data la fretta di percorrerli. È Verne in quanto narratore onnisciente a illustrarci tutte le meraviglie del mondo che non sono passate davanti agli occhi dei protagonisti. In ogni caso, poche parole per descrivere un luogo o le persone incontrate sono sufficienti a trasportarci, di volta in volta, in una nuova atmosfera.
Per chi ne fosse ancora all’oscuro, non faccio spoiler sul finale. Basta dire che l’autore si è divertito molto nel tenerci sulle spine e creare un grande effetto sorpresa. Inoltre, pone l’accento sui benefici che derivano dal viaggiare, fare nuove esperienze e conoscere persone diverse da noi. Viaggiare significa crescere, evolversi, aprire la mente e cambiare abitudini: anche il rigido e apparentemente privo di sentimenti Fogg tornerà a casa come una persona leggermente diversa.

Piccola curiosità: nonostante la mongolfiera sia il simbolo per eccellenza di questo romanzo (la potete vedere sopra anche nella copertina della versione che sta nella mia libreria), in realtà non compare mai nell’opera di Verne, ma è stata introdotta nell’adattamento cinematografico Il giro del mondo in 80 giorni del 1956. A riprova di quanto l’immaginario comune venga influenzato da tutto quello che nasce intorno a un’opera.
Anche per me tra i romanzi che citi di Verne è il migliore.
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“Viaggio al centro della terra” l’ho trovato comunque piacevole, forse giusto il finale un po’ frettoloso. Mentre “Ventimila leghe sotto i mari” aveva tutte quelle sezioni di elenchi di pesci o dettagli del sottomarino che proprio non reggevo, dopo due righe ero già persa. Invece “Il giro del mondo in ottanta giorni” ha fatto appieno il suo dovere!
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L’ho letto alle medie..una vera avventura da non perdere!
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Mi fa piacere sapere che lo assegnavano anche a scuola, poi alle medie è il periodo adatto secondo me. Sempre che fosse nell’ambito di una lettura libera e non odiata costrizione!
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La migliore delle avventure di Verne 😉
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Articolo perfetto. Complimenti per la scelta delle foto e per avere riportato le fonti. Non ho ancora letto questo libro, nonostante ne abbia sempre sentito parlare e abbia visto il film.
Prima o poi capiterà!
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Grazie mille! Per ogni libro c’è il momento giusto, prima o poi arriverà 🙂 E scusa ancora per l’invasione di campo sotto il tuo commento!
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Nessuna invasione 😉
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