Su gradito consiglio di Benny de Il verbo leggere, sotto le feste natalizie mi sono approcciata a questo romanzo di narrativa contemporanea scritto da Jonathan Franzen. Ciò che mi ha convinto era poter leggere del Natale sotto una prospettiva diversa, meno disillusa, lontana dalla dolcezza delle classiche storie dedicate a quel periodo.
Il motore di tutta l’azione, infatti, è il desiderio di Enid di riunire, per un ultima volta, l’intera famiglia a trascorrere il Natale nella casa (appunto) natale. Lo svolgimento però è totalmente differente da come lo avevo immaginato. Credevo che la vicenda dovesse incentrarsi proprio sulla giornata del 25 dicembre, magari descrivendo quei tipici pranzi e cene di parenti che non si sopportano ma sono costretti a stare insieme. Invece no. Natale sembra non arrivare mai. E la narrazione ci porta a scavare nella vita delle cinque persone che compongono la famiglia Lambert: i genitori Enid e Alfred, e i figli Gary, Chip e Denise.
Per di più, ci sono continui salti temporali, ma gestiti in maniera sorprendente. Non so se riuscirò a spiegarlo con chiarezza, ci provo. Si inizia con un excursus su Enid e Alfred, ormai anziani e con i loro problemi di salute.
Successivamente veniamo a sapere che sono in partenza per una crociera, ma ne approfittano per far prima visita al figlio Chip ed ecco che ci perdiamo (in senso positivo) in un enorme flashback sulla vita di quest’ultimo. Dopodiché torniamo al suo presente, la trama subisce alcuni sviluppi e i genitori finalmente partono. Passiamo quindi a Gary, ma i capitoli a lui dedicati tornano parecchio indietro nel tempo, per raggiungere il presente in cui ci eravamo interrotti e proseguire di un altro po’. Enid e Alfred sono ormai sulla nave e quindi torniamo a soffermarci per un po’ di pagine su di loro. Infine passiamo a Denise, ancora una volta partiamo da un momento specifico della sua vita, andiamo indietro fino ai suoi 18 anni, riviviamo il momento del pranzo a casa di Chip prima della partenza dei genitori e poi proseguiamo fino ad arrivare a dove si era interrotta storia di Enid e Alfred. Da lì in poi più o meno si tirano tutte le fila e si convoglia verso l’epilogo. Credo si sia capito ben poco dalla mia spiegazione, ma è il meglio che sono riuscita a fare. Io l’ho definito “andamento a onde del mare“, perché come loro la storia si ritira e avanza continuamente.
I personaggi sono tutt’altro che amabili, anzi, per la maggior parte del tempo sono uno più insopportabile dell’altro. Ma non credo che l’autore volesse renderceli simpatici, tutt’altro. Perché sono profondamente umani e tutti noi siamo dotati di caratteristiche che ci rendono odiosi.
E per quanto li trovassi insopportabili, trovavo in ciascuno il riflesso di un pezzetto della mia vita. Enid è la classica madre di famiglia un po’ troppo presente, che vorrebbe dirigere la vita dei figli secondo le proprie aspirazioni, un po’ superficiale, che si diverte con pettegolezzi e muore d’invidia verso le facoltose famiglie del vicinato. Ma come non provare compassione nei suoi confronti, per lei che si è dedicata anima e corpo alla famiglia, sopportando un marito un po’ autoritario e quasi incapace di esprimere affetto nei suoi confronti. E ora non può neanche godersi la vecchiaia perché deve star sempre dietro a quel marito regredito ormai a una fase infantile, a causa della malattia da cui è affetto.
E quindi vorresti odiare Alfred per l’uomo che è stato, ma ora come ora ti fa semplicemente pena. Lo vedi così inerme a causa del morbo di Parkinson, ed Enid è il bastone che lo sorregge e senza il quale sarebbe perso. Anche a mio padre è stato diagnosticato questo morbo ormai più di 10 anni fa, per fortuna preso in tempo e rallentato grazie alle medicine, quindi siamo parecchio distanti dalle condizioni di Alfred, ma più volte mi si sono sovrapposte le immagini durante la lettura, soprattutto quando ci si soffermava sui suoi problemi di equilibrio. E poi Alfred è stato a suo modo un padre amorevole. Nei confronti di Denise, salvandole la reputazione, e di Chip, il figlio più fragile, suo preferito.
Tutti e 3 i figli hanno intrapreso determinati percorsi di vita cercando di dimostrare a loro stessi quanto valessero, spesso allontanandosi dalle aspirazioni dei genitori, affermando che non gliene fregava nulla del loro pensiero, mentre nell’inconscio sentono il confronto e sono in cerca della loro approvazione.
Chip ha intrapreso la carriera accademica umanistica, contrariamente al desiderio dei genitori che lo vedevano meglio collocato in campo scientifico, ma a causa di alcuni incidenti di percorso adesso è praticamente sul lastrico e si vergogna della sua situazione, considerandosi un fallito e facendo credere agli altri cose diverse dalla realtà. Alla fine fugge letteralmente dall’America, accettando di partecipare in progetti poco legali.
Gary è quello che sembra avere la vita perfetta: un buon lavoro in banca, una grande casa, una moglie bella e brillante e 3 figli. Tutto quello che fa è volto ad allontanarsi il più possibile dal tipo di famiglia in cui è cresciuto, senza rendersi conto che invece assomiglia già a suo padre più di quanto pensi. E nega in ogni modo la depressione in cui sta cadendo. È un po’ quello che si sente il dovere di prendersi tutte le responsabilità, sia in quanto figlio maggiore che per la sua vita stabile e assestata, e la sua paura principale è doversi sobbarcare i genitori diventati ormai anziani e incapaci di badare a se stessi: per questo tenta in ogni modo di convincerli a cambiare casa e avvicinarsi alla sua zona, così da averli meglio sotto controllo.
Poi c’è Denise, che nella vita ha dovuto lottare il doppio facendosi strada in quanto donna: caratterizzata da un grande spirito di competizione, voleva sempre dimostrare di essere la migliore. Sia da ragazza nel suonare uno strumento musicale (rigorosamente la tromba come il fratello, anche se la madre pensava che il flauto fosse più femminile), sia nel primo lavoro estivo prima di partire per il college, accanto a colleghi maschi, e poi nel mondo della cucina e ristorazione, quello che è diventato sua passione e lavoro. Tutti che le dicono quanto sia bella e quanto si stia sciupando dietro i fornelli, senza trovare un uomo da sposare. In realtà lei si è addirittura già sposata (in gran segreto con grande scandalo di Enid che non aveva potuto dare il ricevimento dei sogni) e poi divorziata. E adesso è alla ricerca della sua identità sessuale e di cosa vuole davvero dalla vita.
Il Natale li riporterà insieme, nel momento che tutti considerano il più basso della loro vita. Momento di ritrovo e di confronto, per individuare nuovi punti fermi da cui partire.
Punti negativi? Una delle recensioni trovate su Goodreads affermava che il romanzo non era altro che un vomitare di parole, pagina dopo pagina. Vero è che si viene un po’ travolti dalla dialettica dell’autore, che si diverte a stordirci, ma la maggior parte delle volte in modo positivo. Le uniche parti in cui ho sofferto un po’ di più sono quelle in cui si parlava di azioni, del sito Web che dovrebbe sviluppare Chip, della situazione politica in Lituania e dei farmaci contro il Parkinson.
Mentre ho apprezzato molto il fatto che il cambio di prospettiva avveniva spesso in maniera improvvisa, anche tramite l’uso del pensiero indiretto libero: individuando alcuni elementi chiave e facendo caso alle parole usate, però, si riusciva presto a scovare il personaggio a cui ricondurre le affermazioni.
Non so proprio se sono stata all’altezza di renderle il dovuto merito con questa recensione, ma sono molto felice di questa scoperta letteraria!
Bellissima recensione: l’immagine delle onde del mare è azzeccatissima! Grazie per avermi citata: sono sempre contenta quando riesco a far entrare una delle mie letture nella wishlist di altri lettori :).
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Grazie mille a te per avermi portato a scoprirla 🙂
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Franzen è un autore molto discusso, a me piace moltissimo, mi pare che abbia una grandissima capacità di approfondire le personalità dei personaggi e di analizzare le dinamiche familiari in storie complesse e mai banali
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L’impatto mi ha un po’ sconvolto all’inizio, ma poi mi ha convinto appieno. La complessità delle storie è quello che mi ha colpito di più, e non riuscivo mai a staccarmi dalle pagine.
Grazie per il commento 🙂
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