Gli umani | Recensione

20200510_182523Gli umani, lettura risalente a ben prima della quarantena, è il secondo libro scritto da Matt Haig che incontro sul mio cammino, e ci sono capitata totalmente per caso. Avevo scoperto di un altro suo romanzo con protagonisti i cani (animali che adoro alla follia) e volevo assolutamente procurarmi Il patto dei Labrador.

Peccato che lo volessi leggere in inglese e guardando le copertine delle sue opere in lingua originale (nessun titolo conteneva la parola “Labrador”) ne ho beccata subito una con un cane sulla Terra rivolto alla luna. Il titolo era The Humans, ma in fondo ci poteva stare, no? Avrebbe probabilmente parlato degli umani dalla prospettiva del cane. Il primo capitolo inizia infatti con una voce narrante in prima persona che parla del nostro mondo da una prospettiva esterna, come se fosse un ambiente strano e fuori dall’ordinario. Presto, però, hanno cominciato a suonare campanelli d’allarme quando ci si sono messi in mezzo esseri provenienti dallo spazio.

Dopo una rapida ricerca, ho scoperto di aver sbagliato completamente libro. Ma forse era destino: era stato libro ad aver trovato me, regalandomi una bellissima storia.

Chi narra questa vicenda non ha nome, è un extraterrestre proveniente dallo spazio, parte di una delle forme aliene, i Vonnadoriani, più avanzate che esistono. Non hanno vero corpo, non hanno identità singola, hanno eliminato ogni tipo di problema e difficoltà, e vivono in realtà senza vivere in funzione della comunità, in uno spazio temporale non ben definito. L’unico scopo è proteggersi dalle minacce che arrivano, ad esempio, dalla Terra. Ogni tanto emergono dalla massa uomini eccezionali che compiono grandi scoperte in campo scientifico e matematico, capaci di rivoluzionare il nostro modo di vivere. Eppure per gli alieni tutto ciò è pericoloso: secondo loro non saremmo in grado di gestire tutta questa conoscenza e ci faremmo solo del male. E ancor peggio, potremmo scoprire della loro esistenza.

Andrew Martin è un eminente professore universitario di Cambridge che, dopo anni di ricerca e rinunce, è riuscito a risolvere l’ipotesi di Riemann. E per questo motivo è stato prontamente rimosso e annullato dai Vonnadoriani, mentre il nostro extraterrestre è stato inviato sulla Terra, con le sembianze del professore, per cancellare ogni traccia di questa scoperta, anche se questo implica uccidere ogni persona che ne era venuta a conoscenza. Tra i poteri di cui dispongono questi alieni, anche quelli di guarire e uccidere all’istante tramite la manipolazione delle sostanze chimiche presenti nel nostro corpo.

La realtà come la conosciamo viene quindi filtrata attraverso un nuovo sguardo, che ne mette in risalto le incongruenze e le assurdità. Alieno (d’ora in poi lo chiameremo così) deve imparare tutto da zero: dai vestiti alla scala sociale, dalle amicizie agli amori e ai rapporti di lavoro, oltre a distinguere quel che abbiamo stabilito essere o meno lecito e, soprattutto, gestire le complicate relazioni interpersonali, governate da sottili e implicite regole difficili da decifrare.

Quell’essere che era giunto sulla Terra come poco più che una semplice macchina per uccidere inizia a essere sempre più coinvolto dalla vita terrestre ed è incuriosito dalla famiglia del professore, ormai da tempo in crisi proprio per la sua completa dedizione al lavoro e dimentico spesso delle persone che aveva intorno. Alieno inizia a sviluppare sentimenti verso questa moglie e questo figlio che non hanno nulla in comune con lui e si rivela un padre e un marito di gran lunga migliori del suo predecessore.

Insieme a lui giungiamo alla conclusione che è proprio vero: ci sono tantissime cose che non funzionano, creiamo regole artificiali che vanno oltre ogni logica e sguazziamo in mezzo a mille contraddizioni. Ma forse è proprio la nostra imperfezione a renderci esseri magnifici, capaci di provare emozioni, soprattutto amore. Inoltre è per forza di cose presente il tema del diverso: i Vonnadoriani ci odiano perché non sanno nulla di noi, se non quei pregiudizi impossibili da sradicare. Se tutti facessimo lo sforzo di capire e avvicinarci a chi non è come noi, il mondo sarebbe di gran lunga migliore.

Come viene esplicitato in postfazione, Haig ha scritto questo romanzo in un periodo in cui soffriva di attacchi di panico che causavano in lui la sensazione di essere completamente distaccato dalla realtà. Da qui l’idea di un protagonista lontano letteralmente anni luce da noi, che si sentisse fuori posto proprio come l’autore.

Piccola citazione finale:

«Non era affatto previsto che tu dovessi nascere. La tua esistenza è quanto di più vicino all’impossibile. Rifiutare l’impossibile è come rifiutare te stesso».

[Traduzione di C. Palmieri]

P.S. Sì, se ve lo stavate chiedendo, il cane in copertina ha comunque un suo senso.

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4 pensieri riguardo “Gli umani | Recensione

    1. Grazie! 🙂
      Non ne potevo più dei Vonnadoriani e il loro continuo sottolineare quanto fossero perfetti. Tenetevela pure la vostra perfezione se ciò significa essere freddi, calcolatori e incapaci di concepire l’indipendenza personale.

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  1. Mi segno subito il titolo, sembra un libro davvero interessante!! E richiama un po’ Sin Noticias de Gurb, con l’alieno che vede e descrive l’umanità, sebbene il finale e la morale mi sembrano molto diverse 🙂

    Piace a 1 persona

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