Vi presento oggi un libro che risale a ben prima della quarantena, anzi, se vogliamo dirla tutta addirittura all’estate del 2019. Una nuova uscita (di allora) che mi è piombata addosso all’improvviso. Avevo appena letto la bellissima recensione sul blog di Roberto Iovacchini, che mi aveva convinta ad aggiungere il romanzo alla lista di quelli da leggere, e tempo qualche giorno mi ritrovo in casa I leoni di Sicilia: un acquisto casuale di mio padre, che non può resistere a vicende ambientate nella sua terra d’origine.
Ma chi sono questi “leoni”? Si tratta dell’animale simbolo della famiglia Florio, realmente esistita, la cui ascesa nel panorama economico e politico italiano viene narrata con abile maestria da Stefania Auci, intrecciando storia familiare a eventi storici.
Benché non marcata esplicitamente nero su bianco, il romanzo presenta una divisione netta tra una prima e una seconda parte.
La prima è più intima, ci svela le umili origini di questa famiglia trasferitasi a fine ‘700 dalla povera Bagnara Calabra, in Calabria, alla fiorente Palermo, nella speranza di migliorare le proprie condizioni economiche. Paolo, il capofamiglia, ha deciso di abbandonare l’attività di commerciante di spezie e aromi trasportati con lo schifazzo per aprire insieme al fratello Ignazio un’aromateria di loro proprietà. Alle grandi speranze iniziali seguono anni difficili, caratterizzati da sangue e sudore. I due fratelli sono malvisti, principalmente perché stranieri, ma anche perché ricercando l’innovazione rivoluzionano lo status quo imposto dalle famiglie più potenti, e nobili, che fino ad allora avevano avuto il monopolio sulla vendita delle spezie. L’appellativo di “facchini” è il peggior insulto che i Florio possano ricevere.
Ma queste pagine sono anche caratterizzate da un’atmosfera domestica, materica. Non è difficile visualizzare chiaramente l’aromateria, con i suoi scaffali, i tanti vasetti, le polveri e i mortai. Potete perfino respirarne il profumo. E le vie circostanti dove i bambini vanno a giocare da soli, senza timore di sporcarsi con la polvere della strada. E ancora il mare, seduti su un molo a riflettere sul senso della vita.
Tutto, però, cambia quando a prendere le redini dell’attività è Vincenzo, il figlio di Paolo. Il ragazzo è animato da una vera e propria volontà di rivalsa, quasi di vendetta, nei confronti di tutte quelle famiglie che deridono i Florio e che lo hanno anche profondamente ferito nell’onore. Il denaro diventa l’unico dio da inseguire mentre assistiamo alla nascita di un nuovo impero economico. Dalla sfera intima passiamo a quella degli affari: trattative, accordi e contratti si susseguono senza sosta mentre Vincenzo acquista sempre più potere.
Ma non c’è materialismo allo stato puro, anzi. Vincenzo incarna la nuova nascente figura di imprenditore, studia, guarda all’estero, immagina nuovi settori in cui espandersi e soprattutto procura lavoro a tante persone della sua amata terra. La voglia di lavorare, di immaginare un nuovo futuro e togliere la Sicilia dal pantano in cui da troppo tempo ristagna è quello che lo rende così diverso da quei nobili che ora lo temono, e che si preoccupavano solo di preservare i propri privilegi a discapito del bene comune.

Sullo sfondo, il susseguirsi della Storia: l’alternarsi al potere di Borboni, francesi e inglesi, le continue perdite e riconquiste del trono da parte di Ferdinando IV re di Napoli e I delle due Sicilie, l’arrivo dei garibaldini e l’unità d’Italia… tutto ciò si ripercuote sui commerci e quindi la fortuna alterna dei nostri protagonisti.
Protagonisti che ho trovato ben tratteggiati.
Paolo, uomo duro, completamente dedito al lavoro che crede di poter conquistare la moglie con regali costosi, mentre basterebbe solo un po’ del suo affetto.
Giuseppina, la moglie di Paolo, emblema di donna che non ha potere decisionale, completamente assoggettata alla volontà dell’uomo, quasi schiava in casa propria.
Ignazio, uomo pacato che vota tutta la sua vita all’aromateria e a una donna che non potrà mai avere.
Vincenzo, così impulsivo, dall’anima oscura, possessivo nei confronti della donna che ama ma che non vuol sposare per motivi di convenienza economica.
Giulia, nata milanese, l’unica che riesce a tener testa a Vincenzo e che si confronta con lui come suo pari, grazie alla sua intelligenza e a uno spirito che non accetta sottomissioni.
I Florio mi hanno conquistata e mi sono rimasti dentro. E dato che le mie letture mi portano sempre a peregrinare all’estero, sono contenta di aver letto per un una volta qualcosa ambientato nel nostro Paese e nato dall’idea di un’autrice italiana.
Bellissimo romanzo. L’ho letto di recente e non riuscivo a smettere di leggere!
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Proprio vero! Me lo portavo al mare a settembre, quando il sole non è più così rovente ed è bellissimo passare ore immersi nelle pagine di un buon libro.
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Anche a me è piaciuto molto 😊
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Mi fa piacere! Ha avuto riscontri molto positivi e li merita tutti.
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Come “romanzo familiare” è molto bello anche “Il ballo tondo” di Carmine Abate.
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Non lo conoscevo, ma dalla trama già mi ispira. Grazie del consiglio!
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Grazie a te per la risposta! 🙂
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