Dicevamo che il 2020 è stato l’anno delle scoperte ed esplorazioni, giusto? Vi presento quindi un altro primo incontro. Senza un vero perché, non ho mai letto romanzi horror a parte i classici Dracula e Frankenstein (ma non sono l’horror che intendo io). Ne consegue che non avessi mai letto nulla neanche del grande Stephen King ed era giunto il momento di rimediare.
Qualche anno fa avevo accompagnato una mia amica in libreria, tra gli altri libri si era portata a casa proprio Pet Sematary e non ne era rimasta delusa. Da allora mi ero un po’ fissata con questo romanzo e a sua insaputa era diventato il prescelto per la mia iniziazione al genere e all’autore.
La famiglia Creed, composta da papà Louis, mamma Rachel, i piccoli Ellie e Gage e il gatto Winston “Church” Churchill, si sta trasferendo nella nuova casa dopo che Louis ha ottenuto l’incarico di direttore servizio medico presso l’Università del Maine. Il posto sembra bellissimo e gli anziani vicini Jud e Norma sono deliziosi. Ma il luogo sembra anche calamita di eventi infausti: appena il tempo di scendere dalla macchina che Ellie cade dall’altalena in giardino e Gage viene punto da un’ape, nonché quasi investito da uno dei tanti camion che sfrecciano sulla superstrada di fronte alla casa. Per non farci mancare nulla, Louis ha da poco iniziato il suo nuovo lavoro quando assiste alla morte del giovane studente Pascow, il quale cerca di metterlo in guardia contro un certo pericolo e promette di tornare. Scopriremo poi che il pericolo è costituito dal Pet Sematary, il cimitero degli animali raggiungibile tramite un sentiero che parte dalla casa dei Creed e nel quale i bambini da lunghi anni seppelliscono e dicono addio ai loro piccoli amici. Jud stesso, che accompagna la nuova famiglia in visita, mostra la tomba del suo cane. L’importante è non valicare mai l’ammasso di tronchi che separa la piccola radura dal resto del bosco. E qui mi fermo.
Prime impressioni? Non ha avuto su di me l’effetto che mi aspettavo. King è riconosciuto come il maestro del terrore, la copertina stessa riporta “ICONIC TERROR“, io ero prontissima a passare notti insonni in preda all’ansia e alla paura, volevo avere paura… e invece niente… in questo senso mi aveva causato più ansia L’incubo di Hill House. Credo però di essere strana io. Sicuramente, se vedessi il film, l’aspetto visivo e anche la colonna sonora (importantissima) mi impressionerebbero molto di più. Anche per quanto riguarda le scene più truculente, se sono scritte e visibili solo nella mia imprecisa immaginazione, non batto ciglio; mostramele sullo schermo e sono costretta a chiudere gli occhi. Devo però riconoscere che aleggiava sempre una sensazione di inquietudine, sapendo che avevo di fronte un horror analizzavo anche le scene più banali con occhio critico, perché da un momento all’altro avrebbe potuto accadere l’irreparabile. Gli stessi personaggi hanno più volte brutti presentimenti, momenti in cui sentono sul collo il freddo alito della morte.
Tra i miei momenti di tensione preferiti (ha senso quello che sto dicendo?) ci sono i seguenti:
- La prima “gita” al cimitero, con Jud sempre allegro e il resto della famiglia che inizia a percepire le forze oscure che si celano in questo posto.
- Il defunto Pascow che fa visita nel sonno a Louis, perché fino alla fine non sai se si tratta solo di un sogno molto realistico o se sta succedendo veramente.
- Il disperato tentativo di Rachel di raggiungere Louis prima che sia troppo tardi, verso la fine del romanzo; qui ho avuto davvero il cuore in gola.
Ho capito una cosa però: il terrore non è tutto. Anzi, non sono neanche tanto sicura che lo scopo di King fosse proprio far paura. L’horror semplicemente sfrutta certi fenomeni per parlare di tematiche che fanno parte della vita di tutti i giorni. In questo caso, l’autore si sofferma sulle sfaccettature della morte, su come può entrare nelle nostre vite e sull’importanza dell’elaborazione del lutto. Promossi a pieni voti gli scambi di idee sul tema che hanno i personaggi, da chi si rifiuta a volerne anche solo parlare a chi, in quanto medico, considera questo evento una cosa del tutto naturale, dalle prime domande poste dai bambini alle risposte adeguate che gli adulti cercano di fornire, da quando la morte bussa per davvero alla porta in maniera totalmente imprevista al successivo crollo di ogni certezza e lucidità, che ne impedisce l’accettazione finale.
L’unica cosa che mi sembra un po’ lasciata a se stessa è questa forza oscura che pervade il cimitero e che si impossessa della volontà dei più deboli. Avrei gradito più dettagli, così com’è mi è sembrato più un escamotage per giustificare in un certo senso le mosse dei personaggi, mentre credo che la storia ne avrebbe beneficiato se si fossero tutti assunti la piena responsabilità delle loro azioni.
Ma in definitiva, molto molto bello. Capisco perché l’autore è così tanto apprezzato, e la ciliegina sulla torta è lo stile: scorrevole ed evocativo, con il solo uso delle parole è in grado di dipingere immagini e scatenare una miriade di sensazioni. E i colpi di scena non mancano assolutamente.
Ecco, se state attraversando un periodo un po’ complesso e triste della vostra vita, consiglio caldamente di NON leggere questo romanzo. Assicuratevi di trovarvi in uno stato d’animo che sia il più positivo possibile perché già così vi lascerà addosso una grande, grandissima angoscia e un sacco di pensieri negativi. Non è il soprannaturale che spaventa, è tutto quello che potrebbe accadere realmente. E se vi dicessi che King si è ispirato a fatti reali riguardanti la propria famiglia? Quando ho letto ciò nella prefazione (rigorosamente dopo aver terminato il libro), allora sì che mi sono venuti i brividi.
Mi scuso in anticipo se vi ho tediato, mi è uscito più lungo del previsto dopo essere partita con un mucchio di riflessioni che non sapevano come prendere forma. Avevo però davvero bisogno di mettere nero su bianco quello che ne pensavo e spero che abbiate potuto trarne comunque qualcosa di buono anche voi! Fatemi sapere se l’avete letto e che cosa ne pensate.
Di King ho letto solo “L’Istituto”, ma comunque riesco a capire il tuo discorso sulla paura. Anche io mi aspettavo un libro che mi avrebbe fatto saltare dalla sedia e più attendevo queste famose scene e più rimanevo delusa anche se poi nel complesso ho trovato il libro abbastanza scorrevole e ben scritto. Questa mia aspettativa ha distorto un po’ il giudizio su questa lettura, quindi per i prossimi libri dell’autore mi comporterò diversamente. Da quanto ho potuto constatare tra i profili di altri lettori, c’è chi odia e chi ama King. Io devo ancora capire da che parte stare!😅 Devo sicuramente conoscerlo meglio e “Pet Sematary” potrebbe essere un buon candidato per una futura lettura (devo accertarmi di non essere però in un periodo no✌️).
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Lieta di sapere di essere in buona compagnia! Quando si inizia una lettura con certe convinzioni che poi non trovano riscontro, il rischio di delusione è altissimo! In questo caso sono riuscita a metterle un po’ da parte e apprezzare lo stesso il romanzo. Sarà interessante vedere cosa succederà con il prossimo, quando verrà il suo turno 🙂
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Hai detto una cosa importante nella recensione che molti a volte tendono a ignorare: l’horror può anche parlare di tematiche importanti. Possiamo quasi dire che sia stato l’horror il primissimo genere a parlare di tematiche scomode. Guarda ad esempio nel cinema Frankenstein, in cui si intravvedevano i cadaveri, mostrando la morte sul grande schermo, qualcosa che la gente dei tempi non era abituata a vedere e non voleva vedere. Pet Sematary fa la stessa cosa, parla della morte e in un modo terrificante, senza peli sulla lingua, mostrando l’orrore e il dolore della perdita e della fine. Un libro incredibile, a mio avviso uno dei migliori che King abbia mai scritto.
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È proprio vero, se il mainstream rifiuta certi temi, bisogna trovare nuovi generi che possano accoglierli.
Adesso ho appena iniziato le “Notti di Salem”, sono curiosa di vedere cos’altro mi riserverà!
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Anche quello è un ottimo libro! È il libro che ha fatto conoscere King e anche uno dei suoi più interessanti.
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Sono ancora a meno di 100 pagine, ma mi ha già conquistato!
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