Come forse avrete ormai capito, non guardo molti film e tanto meno serie TV. So che mi perdo tantissimo, ma finora non si sono verificate le congiunzioni astrali adeguate perché questa forma d’arte e io riusciamo a incontrarci nella giusta maniera. Eppure ogni tanto qualcosa capita, soprattutto se è un musical. E io adoro i musical.
Sono però sempre perennemente in ritardo. The Greatest Showman, diretto da Michael Gracey, è uscito nei cinema sul finire del 2017 e io l’ho scoperto solo l’estate scorsa. Mi era capitato di guardare qualche trailer, ma forse non gli avevo prestato la giusta attenzione e non mi aveva colpito troppo. Non avevo neanche mai sentito una sola canzone. E così, piazzata davanti allo schermo per decisione altrui, ignara di trama o altri dettagli, sono rimasta incantata da questa meraviglia. Meglio tardi che mai.
L’idea si basa sulla vera attività imprenditoriale di P.T. Barnum, considerato un po’ il padre del circo moderno, e oltre a lui incontriamo nella pellicola altri personaggi davvero esistiti. Il film non ambisce a essere una biografia fedele, non ci prova neanche; anzi, la realtà è stata molto rivisitata (e forse edulcorata) per adeguarla allo scopo della pellicola. Eppure credo preservi ed esalti al massimo lo spirito di fondo che pure allora in qualche misura doveva esserci: la celebrazione della diversità.
Cresciuto in povertà e con un’infanzia difficile, il giovane Phineas cresce innamorandosi di Charity, che ricambia e accetta di sposarlo nonostante il dissenso dei ricchi genitori. Le difficoltà economiche non mancano e non aiuta l’improvvisa idea di Barnum di mettere su un circo: stufo della quotidianità, vuole finalmente realizzare i suoi sogni di bambino e creare mondi fantastici che possano rendere felici, almeno per qualche ora, le persone. Finisce così per circondarsi dei cosiddetti freaks, persone “diverse” che diventano il fulcro dei suoi spettacoli: nani, albini, uomini cane, uomini altissimi o estremamente pesanti, una donna barbuta e trapezisti neri, ecc. E che formano una seconda famiglia, dove tutti sono diversi, ma tutti sono uguali. Ma va fin tutto fin troppo bene, no? Esatto: la continua ricerca dell’accettazione da parte della critica, l’incontro con la cantante Jenny Lind e l’intolleranza sempre maggiore di una parte dei cittadini fanno precipitare la situazione.
Ho amato questo film dall’inizio alla fine, è confezionato ad arte e con grandissima cura per i dettagli, dai costumi, alla scenografia, alla regia, alle canzoni e coreografie. I contenuti speciali che raccontano il dietro le quinte vi lasceranno a bocca aperta. Dalla primissima idea all’effettiva realizzazione sono passati 7 anni. Insomma, perseverare e mai desistere.

Il nostro P.T. Barnum alias Hugh Jackman (che già avevo apprezzato come Jean Valjean ne Les Misérables) ha una presenza scenica pazzesca ed è il perfetto showman, con il suo carisma vi ammalierà ogni secondo e sarete ben disposti a seguirlo nel suo mondo. Zac Efron, nei panni del socio Carlyle, è stata una piacevole riscoperta: lo avevo lasciato come “liceale” in High School Musical e l’ho ritrovato qui maturato e in forma perfetta, con tanta voglia di mettersi in gioco e dare il massimo. La giovanissima Zendaya ci regala una splendida Anne, spaventata dal mondo di fuori che la discrimina per il colore della pelle, ma anche determinata e decisa a non lasciarsi mettere i piedi in testa da nessuno. L’attrice ha anche davvero preso lezioni di trapezio per poter girare parte delle scene senza controfigura.

Michelle Williams è una dolcissima Charity, da brividi nella sua Tightrope. L’accoppiata Rebecca Ferguson-Loren Allerd porta in scena un’eterea ma potente Jenny Lind. E va infine nominata Keala Settle, la vera rivelazione di questo spettacolo nei panni della donna barbuta Lettie, che si trasforma un po’ nella leader del gruppo di freaks. Non potete non commuovervi ascoltando la sua This Is Me.

Le canzoni sono appunto il cuore pulsante di questo musical (e ci mancherebbe ancora). Ascoltarne la genesi direttamente dagli autori è stato illuminante. Ne abbiamo per tutti i gusti: quelle più spettacolari, quelle sognatrici, quelle romantiche, quelle d’affari, quelle da combattenti, quelle disperate e quelle di rinascita. Tutte però sono accomunate da questa voglia di riscatto, ci incoraggiano a ignorare le malignità, le brutte parole e la cattiveria delle persone per costruire un mondo dove essere totalmente liberi e accettati per quello che siamo. È impossibile scegliere una traccia preferita e non potrete fare altro che ascoltarle a ripetizione per tutti i giorni a venire.
Tra l’altro, non so se è perché ora ci faccio più caso, ma questo film mi sembra ovunque. Ne ha acquistato i diritti la Rai, vero? Lo hanno mandato su Rai 2, su Rai Movie, la Tim ha sfruttato This Is Me in una speciale pubblicità per celebrare i 100 anni di attività (anche se il cambio di testo mi ha lasciato un po’ così) e ritroviamo The Greatest Show anche nel programma Il cantante mascherato. Beh, più persone hanno l’opportunità di conoscere questo bellissimo musical, meglio è. Io ce lo vedrei bene realizzato anche a teatro. Chissà se, quando l’incubo della pandemia sarà finito e i teatri potranno tornare in attività, a qualcuno verrà questa idea.
Voi l’avete visto? Cosa ne pensate dei film-musical e musical in generale?
“The noblest art is that of making others happy.”
“No one ever made a difference by being like everyone else.”