Quest’estate credo proprio di aver già trovato il mio libro dell’anno. IL libro, con articolo determinativo maiuscolo. Perché ho aspettato così tanto tempo per tornare a leggere Steinbeck? Non lo so, ma sono contenta che sia finalmente venuto il turno di Furore. Avevo talmente tanto da scrivere che ho dovuto dividere l’articolo in due parti.
Pubblicato nel 1939, Furore nasce originariamente come articoli di giornale che volevano raccontare e testimoniare a mo’ di reportage il grande esodo dei mezzadri dall’ovest all’est degli Stati Uniti, lungo la Route 66. Terribili tempeste di sabbia hanno rovinato il raccolto, ma l’agricoltura sta subendo una grande trasformazione tecnologica. I proprietari terrieri, incalzati dalle banche, guardano sempre più al profitto in termini monetari così all’arrivo dei trattori, che in meno tempo, meno fatica e meno impiego di risorse umane possono fare il doppio o il triplo del lavoro dei braccianti, non ci vuole molto per decidere di licenziare tutti in massa. E la gente, rimasta senza lavoro, cosa fa? Emigra. Lascia la casa e la terra natale in cerca di maggiore fortuna e di un luogo dove poter ricominciare. Destinazione: California, con le sue verdi colline e i campi ricchi di alberi da frutto.
Furore non è altro che il racconto del viaggio della famiglia Joad verso la terra promessa. In 12 a bordo di un camion su cui hanno caricato materassi e vettovaglie e che per lungo tempo rappresenterà la loro nuova casa. Procedendo nella lettura, però, dimentichi quasi quale sia il titolo (The Grapes of Wrath in originale), che suggerisce una rabbia cieca, una violenza estrema. Siamo invece di fronte alla famiglia più tranquilla della faccia della terra. Sì, includo anche Tom, nonostante quello che ha fatto e che farà. Il furore aleggia negli animi, negli scioperi organizzati da persone disperate. Ma quello che io non mi aspettavo era un viaggio nella dignità umana. Può essere la storia di ciascuno di noi, o dei nostri antenati o dei nostri vicini di casa, sicuramente di tanti che si spostano per cause di forza maggiore e devono lottare con le unghie e con i denti per i loro diritti.
La famiglia Joad è grande, con una gerarchia definita, che però il viaggio provvede presto ad alterare. Soprattutto perché (piccolo spoiler) non tutti arrivano fino in fondo. Nonno e Nonna ci vengono presentati come due arzilli vecchietti pronti a intraprendere il grande viaggio verso la California, dove si immaginano a mangiare uva e arance succose. Ma sono anche quelli che più fanno fatica ad abbandonare la propria terra, quella che ha cresciuto loro e i loro padri. Rappresentano quindi il passato e le radici sradicate. Pa’ è una figura di fondo. Dovrebbe essere il nuovo capo famiglia, ma rimane quasi sempre defilato nell’ombra, a seguire la strada tracciata ed eseguire gli ordini stabiliti da altri. Solo in conclusione del romanzo prenderà finalmente l’iniziativa per un’impresa che ha dell’impossibile. Zio John è depresso. Fantasmi e colpe del passato lo tormentano incessantemente, ha un continuo bisogno di confessare i suoi peccati, ma nessuno lo ascolta, quindi annega il dolore nell’alcol.
Noah è il primogenito, affetto probabilmente da un qualche tipo di ritardo mentale. È una figura calma, pacata, che vive principalmente in un mondo tutto suo. Al è il terzo fratello, più piccolo di Tom, che venera come una divinità. È un ragazzo che sta crescendo e che sta cercando la sua strada tra l’interesse per le ragazze e la passione per i motori. Va in cerca dell’approvazione familiare, da cui fa dipendere l’approvazione di sé. È lui che ha acquistato il camion che sarà la loro nuova casa mobile, cercando il giusto compromesso tra la scarsa qualità offerta e prezzo. Rose of Sharon è la maggiore delle sorelle, appena sposata con Connie e in attesa di un bambino. È interamente concentrata su se stessa e il futuro della sua nuova famiglia, che sogna in una casetta bianca dove vivere comodamente. È una fanciulla spaventata dalla vita che si fa influenzare facilmente dalle dicerie, che si scoraggia, che piagnucola, che si lamenta per qualsiasi cosa quando la tragedia della realtà si abbatte fin troppo presto sulla sua strada. Ruthie e Winfield sono i due piccoli, si muovono sempre insieme, bisticciano, si picchiano, e soffrono molto per la situazione. Purtroppo non possono vivere l’infanzia con spensieratezza e sono costretti a crescere presto in un mondo di adulti, anche lavorando tutto il giorno raccogliendo pesche e cotone.
Ma’… niente, Ma’ è Ma’. Il faro, la bussola che indica la retta via. Il suo personaggio inizia in sordina, dopotutto è pur sempre una donna che non ha voce in capitolo nelle decisioni della famiglia. Ma poi diventa la forza trainante che prende il comando del gruppo. Nonostante sia stata la prima a mostrarsi preoccupata per il futuro, non si scoraggia e cerca il lato positivo di ogni situazione. Difende la sua famiglia contro gli sbirri che li vogliono far sgomberare e soprattutto la tiene unita più che può. La adoro, ho provato una grande solidarietà nei suoi confronti: donna programmatica che anche nelle avversità non si perde mai d’animo e guarda sempre avanti.
Infine Tom, il personaggio più importante di tutti. Mi piace tantissimo come ci viene introdotto: un ragazzo vestito con abiti nuovi che chiede un passaggio per tornare a casa. E poi boom, scopri cosa nasconde il suo recente passato, e ti chiedi come farai ad apprezzare un simile protagonista. E invece… tutto cambia. Il suo legame con Ma’ è particolarmente forte, è un bravo ragazzo di sani principi che ha imparato ad attendere con pazienza lo sviluppo degli eventi. Un giorno dopo l’altro, aspettando il trascorrere delle ore finché viene sera per poi ricominciare da capo. Dove ha vissuto non c’era più spazio per il futuro e questa è la filosofia che si porta dietro durante il viaggio: inutile preoccuparsi di quel che li attende, anche se messi in guardia da chi ha già provato e torna indietro per morire sì di fame, ma almeno a casa propria. Purtroppo però non hanno altra scelta se non andare avanti, si vedrà dopo sul momento come fare. È la classica persona che nelle situazioni di difficoltà non perde mai la calma, rimane lucido e ha sempre la soluzione giusta da proporre. Perde la pazienza solo di fronte alle forze dell’ordine e dei prepotenti che abusano della loro posizione di potere per ingannare e umiliare la gente povera e semplice come loro. Tom prenderà in mano l’eredità di Casy, il predicatore che non vuole fare più il predicatore. Stufo di dire cose in cui non credeva, il suo desiderio più grande è capire la gente. Diventa quasi un filosofo dedito a studiare il mondo e cercare di cambiarlo, trovando il suo posto nella difesa dei più deboli.
Vi lascio per adesso con questa carrellata di bellissimi personaggi. Ci rivediamo nella seconda parte con riflessioni più generali.
Un libro potente
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È stata una lettura decisamente intensa. Fila dritto tra le mie preferite in assoluto.
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L’ho letto qualche anno fa e mi è rimasto impresso, ancora adesso ricordo alcune immagini molto forti descritte in quelle pagine. E aggiungo che potrebbe essere il racconto universale di quella che è l’emigrazione, di cui spesso dimentichiamo la drammaticità
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Verissimo 😦
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